‘NORBA’
Da La Bella Lisa, uscendo da Bassiano verso Latina, superata l’abbazia di Valvisciolo si prosegue fino al bivio per Norma, e si sale verso il pittoresco centro storico sviluppatosi nell’Alto Medioevo, adagiato sulla imponente rupe calcarea. La sua importanza è dovuta alle suggestive rovine dell’antica Norba; le sue prime testimonianze certe si fanno risalire al V secolo a.C. Tra il V e IV secolo, dalla loro roccaforte di Priverno, il popolo dei Volsci partiva all’attacco delle colonie latine di Sezze, Norma, Cori e Segni. E proprio in seguito a tali incursioni che i Latini fortificarono i loro centri con la costruzione di poderose mura in opera poligonale, baluardo contro le scorrerie volsche. Come ricorda Livio, Norba fu attaccata nel 342 e nel 327 a.C., dall’esercito privernate comandato da Vitruvio Vacca. La città, con le sue fortificazioni e la posizione strategica divenne un caposaldo del sistema difensivo di Roma ma, durante la guerra civile, dopo la morte di Mario e grazie a un tradimento, fu distrutta dal generale Emilio Lepido, agli ordini di Silla, nell’anno 82 a.C., e mai più ricostruita. In quella occasione, piuttosto che cadere nelle mani del nemico, gli abitanti di Norba si uccisero dopo aver incendiato le loro case.
La cinta muraria, costruita nella metà del IV secolo, è lunga circa 2.300 metri; lungo il suo perimetro si aprono 4 porte ed altri piccoli passaggi (posterule). Monumentale è la Porta Maggiore, tra le mura ben conservate, a sinistra, e il massiccio bastione circolare, a destra.

Le costruzioni all’interno delle mura si addossano attorno all’acropoli: in quella detta maggiore sorgeva un tempio dedicato a Diana mentre sulla minore ve ne erano due, di cui oggi restano solo i basamenti. Qui furono ritrovate terracotte e statuette risalenti al V secolo a.C. Lungo le mura, all’estremità nord-orientale, è presente una costruzione quadrata, la loggia, in opera poligonale, dai blocchi di notevole grandezza: alla base, lo spessore delle pareti è di circa 4 metri. Dell’antica città si riconoscono anche i resti di cisterne, il quartiere delle abitazioni e le strade interne.
CORI
L’itinerario prosegue lungo le pendici occidentali del Monte Arrestino, per la strada che collega Norma a Cori, centro ancora ben conservato e di origini antichissime, tra gli abitanti più antichi d’Italia: è infatti attribuita tradizionalmente al troiano Dardano la fondazione dell’antica “Corace”, nel primo millennio a.C. Le prime notizie storiche si hanno comunque nel VII secolo a.C., quando Cori entrò a far parte della Lega dei Comuni. Già nel VI secolo la città aveva una certa autonomia, avendo raggiunto una discreta potenza economica. Colonia romana, durante la guerra tra Mario e Silla fu devastata dalle truppe di Mario, ma in seguito il vincitore Silla premiò la fedeltà della città con la costruzione di numerose opere pubbliche. Nella sua lunga, tormentata e sanguinosa storia, vanno ricordate le dure repressioni degli imperatori Nerone e Commodo, e le invasioni dei Barbari comandati da Genserico, Vitile e Totila, che decimarono la popolazione; inoltre, il terribile saccheggio dei Saraceni, nell’anno 846, e l’occupazione delle truppe di Federico Barbarossa che nel 167 portò nuove spoliazioni e saccheggi. Ben 3000 anni di storia si respirano tra portici, vicoli, gradinate e monumenti archeologici di straordinario interesse e bellezza.

Sull’acropoli splende il maestoso Tempio di Ercole, costruito tra il 100 e l’80 a.C., di ordine dorico, con 8 colonne rudentate e scanalate; nel quartiere del tempio sono poi numerosi gli edifici con eleganti resti medioevali. Ben visibili, qui e là, i numerosi tratti di mura poligonali, bene conservati, costruiti con tecnica di prima, seconda e terza maniera, tra l’inizio del V e la fine del IV secolo a.C. Ugualmente interessanti le rovine del Tempio di Castore e Polluce, in stile corinzio, costruito nel periodo sillano (82-79 a.C.), e consistente in due alte colonne scanalate con architrave, parte del podio e della cella; degno di attenzione il robusto Ponte della Catena, alto 21 metri, costruito anch’esso in età sillana.
Ulteriori sorprese riservano le numerose chiese: quella dei SS. Paolo e Pietro conserva un’ara marmorea decorata, probabilmente del Tempio di Ercole; la chiesetta semidiroccata del SS. Salvatore, con affreschi del 1600; quella di Sant’Oliva, formata dall’unione di due chiese, una con colonne romane che formano tre piccole navate e l’altra, aggiunta nel 1477, interamente affrescata; la chiesa di S. Francesco, con annesso chiostro, costruita fra il 1521 e il 1528; la chiesa collegiata di S. Maria, del 1690, con uno splendido candelabro del XII secolo, un Crocifisso ligneo e numerose tele, tra cui quella del “Beato Tommaso da Cori o del Redentore”, attribuita al Sicciolante; fuori dall’abitato, la chiesetta della SS. Annunziata, a Cori a Valle, con modesto oratorio del 1300 e splendidi affreschi eseguiti fra il 1400 e il 1500, e il Santuario del Soccorso, a Cori a Monte, con marmi e colonne doriche dell’altare maggiore e un affresco del XIV secolo di scuola fiorentina.

NINFA E I GIARDINI CAETANI
Da Cori, tra vigneti ed uliveti, con breve spostamento in auto, si raggiunge Ninfa, la “città morta”, borgo medioevale alle pendici della rupe calcarea di Norma. Le acque fresche della copiosa sorgente danno origine al laghetto e al fiume Ninfa. Dalla strada si nota subito la torre medioevale con merlatura, fatta costruire dai principi Caetani nel 1300. Rinominata la Pompei del medioevo, ispirò il Gregorovius che restò folgorato dalla sua straordinaria, solitaria bellezza. Questa località, posta al lato della Pedemontana Volsca, nel medioevo fu un importante centro commerciale. Nacque nell’VIII secolo d.C. e qui fu incoronato Papa Alessandro III; subì le dure persecuzioni dell’imperatore Federico Barbarossa tra il 1159 e il 1167.


In seguito a distruzioni, incendi e conflitti fra i Caetani, i suoi abitanti si dispersero, anche per la malaria che a quel tempo imperversava. Tali eventi segnarono la fine di questo centro nel 1382. Ninfa oggi è un’Oasi di Protezione per piante e animali. Nelle limpide acque del lago (è severamente vietata pesca e balneazione) ancora si riproducono le trote africane che sembra furono introdotte qui dagli antichi romani. Meritano di essere ammirate le sue bellezze naturali, i suoi ruderi, gli splendidi giardini e l’orto botanico la cui visita guidata è prenotabile al botteghino dell’ingresso o tramite il sito.
